GenAI Divide: un abisso tra le infinite promesse e la concreta capacità di realizzarle.

Caro Cliente ti spiego…

lascia che ti condivida una riflessione che mi ha davvero colpito di recente. Immagina di essere seduto in un caffè, circondato da colleghi che parlano con entusiasmo di intelligenza artificiale, e poi scopri qualcosa che ti lascia letteralmente a bocca aperta.

Negli ultimi due anni, la Generative AI è stata come un vero e proprio tornado mediatico. Ovunque si parla di assistenti virtuali miracolosi, di strumenti che rivoluzioneranno il nostro modo di lavorare. Le aziende? Letteralmente impazzite. Hanno investito qualcosa come 30-40 miliardi di dollari in progetti di IA generativa tra il 2023 e il 2025. Un investimento da capogiro!

Ma qui viene il bello – o meglio, il brutto. Un recentissimo studio del MIT, il Project NANDA di luglio 2025 (il documento è pubblico, scrivimi che ti mando il PDF), ha rivelato un dato che ti lascerà senza parole: solo il 5% delle organizzazioni è riuscito a trasformare questi progetti pilota in un reale valore economico. Tradotto? Il restante 95% si è sostanzialmente “bruciato” gli investimenti.

È quello che gli esperti hanno già battezzato il GenAI Divide: un abisso tra le infinite promesse e la concreta capacità di realizzarle. Insomma, tanti proclami, pochissimi risultati.

Fonte: MIT Project NANDA, The GenAI Divide – State of AI in Business 2025, luglio 2025

L’illusione dell’adozione

Lo studio evidenzia una contraddizione forte, strumenti consumer come ChatGPT o Copilot hanno una diffusione altissima: oltre l’80% delle aziende li ha testati e il 40% li ha implementati. Questi tool aumentano la produttività individuale, aiutano a scrivere più velocemente, sintetizzare documenti, fare analisi rapide. Tuttavia, l’impatto sul business resta limitato. Si tratta di guadagni marginali, difficili da tradurre in voci di bilancio.

Il quadro cambia quando si passa ai sistemi enterprise personalizzati (sviluppati internamente o acquistati da vendor). Qui i numeri sono impietosi:

  • Il 60% delle aziende li ha valutati,
  • solo il 20% è arrivato a un pilota,
  • e appena il 5% li ha portati in produzione.

Risultato: in 7 settori su 9 non si vedono cambiamenti strutturali. Le uniche eccezioni sono Tech e Media, dove iniziano ad emergere nuovi modelli di business. In tutti gli altri comparti (sanità, finanza, manifattura, energia…) l’impatto reale è ancora quasi nullo.

Perché i progetti si bloccano? Il “learning gap”

Il problema non è la tecnologia in sé. Non è la qualità dei modelli, non è la regolamentazione, non è neppure la mancanza di talento.

La vera barriera è il learning gap:

  • la maggior parte dei sistemi non impara dal feedback,
  • non ricorda il contesto,
  • non si adatta ai processi reali.

In pratica, molti strumenti restano “statici”: utili per un output veloce, ma inutilizzabili nei flussi di lavoro mission-critical, dove serve memoria, continuità e personalizzazione.

Non a caso, lo studio mostra che gli utenti spesso preferiscono usare ChatGPT personalmente piuttosto che strumenti enterprise costosi e complessi. Nasce così la shadow AI economy: i dipendenti usano i propri account privati di AI per lavorare, spesso con più risultati rispetto agli strumenti ufficiali approvati dall’IT.

Un dato eloquente: mentre solo il 40% delle aziende ha acquistato un abbonamento ufficiale a un LLM, oltre il 90% dei lavoratori dichiara di usare regolarmente AI personali.

Dove finiscono gli investimenti

Il report MIT mostra anche un altro paradosso: il 70% dei budget GenAI viene destinato a Sales & Marketing (email automatiche, campagne personalizzate, lead scoring, competitor analysis).

È una scelta “facile”, perché in questi ambiti è semplice misurare l’impatto con KPI immediati: tasso di risposta, volumi di demo, tempo medio di gestione.

Ma i maggiori ritorni economici arrivano da tutt’altra parte:

  • Back-office e operations: automazione di processi finance e procurement, gestione contratti, documenti, compliance.
  • Riduzione di BPO e agenzie esterne: alcune aziende hanno riportato risparmi annuali da 2 a 10 milioni di dollari solo tagliando contratti di outsourcing e consulenze esterne.
  • Customer service: sistemi intelligenti per routing, ticketing e follow-up hanno migliorato la retention e ridotto i costi.

Il messaggio è chiaro: per uscire dal Divide bisogna guardare oltre i progetti “di facciata” e investire dove c’è davvero margine di ROI.

Come hanno successo i migliori

Dallo studio emergono quattro strategie vincenti:

  1. Buy, don’t build
    I progetti sviluppati in partnership con vendor esterni hanno il doppio del successo rispetto a quelli costruiti internamente.
  1. Focalizzarsi sul ROI reale
    Non solo marketing, ma back-office e riduzione di costi esterni. Qui si trovano i risparmi più tangibili e sostenibili.
  1. Adozione bottom-up
    Non sono i “centri di eccellenza” a guidare il cambiamento, ma i manager di linea e i power users che hanno già sperimentato ChatGPT nella vita quotidiana.
  1. Sistemi che apprendono
    La vera rivoluzione sarà l’Agentic AI, sistemi con memoria persistente, capacità di apprendimento continuo e autonomia operativa. Questo porterà a un’evoluzione più ampia: l’Agentic Web, una rete di agenti capaci di coordinarsi e negoziare tra loro.

Il tempo stringe

Il GenAI Divide è oggi la sfida più importante per chi si occupa di innovazione.

Il rischio è chiaro: restare bloccati in una fase di sperimentazione infinita senza mai arrivare al valore reale.

Il messaggio del MIT è netto:

  • smettere di investire in strumenti statici,
  • scegliere partner in grado di personalizzare e integrare,
  • misurare i risultati sui processi concreti, non sulle demo da presentazione.

GenAI Divide: com’è posizionata la tua azienda?

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