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Il nostro obiettivo è quello di portare le aziende nel futuro. La necessità di elaborazione di moli sempre maggiori di dati ci spinge all’analisi e allo studio di soluzioni per raggiungere orizzonti sempre nuovi. Questa necessità di conoscenza implica un processo lungo ed articolato di progettazione e sviluppo. L’esempio più attuale di questo impulso scientifico-tecnologico è la recente riproduzione della prima immagine di un buco nero.

The first image of a black hole, from the galaxy Messier 87. Credit Event Horizon Telescope Collaboration, via National Science Foundation

Si tratta, in effetti, non di una vera e propria immagine, bensì di un’elaborazione grafica di dati radio. Un’operazione molto complessa, che ha richiesto una collaborazione a livello globale; all’impresa hanno preso parte ricercatori di varie istituzioni nazionali, fra cui l’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Ciò che è stato ripreso, attraverso la rete di radiotelescopi del progetto internazionale Event Horizon Telescope ed elaborazioni complesse dei dati raccolti, è l’ombra del buco nero supermassiccio M87, al centro della galassia Messier 87. Vedere la sua ombra è il risultato che in assoluto si avvicina di più ad avere una foto del buco nero stesso. La tecnica che collega i radiotelescopi (Very Long Baseline Interferometry – VLBI) e ha reso possibile la ricezione e l’elaborazione dei dati ricevuti è molto recente. Ora gli scienziati stanno raccogliendo dati per arrivare ad osservare anche Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, che aiuterebbe a capire meglio in che modo si comporta la nostra galassia.

The Atacama Large Millimeter Array in Atacama, Chile, one of several telescopes across the globe that make up the Event Horizon Telescope, below the southern sky. Credit Y. Beletsky (LCO)/ESO

Risulta quindi evidente come la strumentazione abbia giocato una parte fondamentale in questo esperimento in cui la sensibilità dell’attrezzatura e la risoluzione ottenuta sono senza precedenti. Si tratta inoltre di un’operazione eccezionale di raccolta ed analisi di dati: qualcosa come 4 Petabytes di dati (ossia 4000 Terabytes).

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I risultati di oggi spingeranno sempre più avanti la ricerca in ambito tecnologico rendendo necessari sistemi di elaborazione dati sempre più potenti ed efficienti che supportino il lavoro di scienziati e studiosi di tutto il mondo. Questa consapevolezza è uno stimolo per porci obiettivi ambiziosi che ci accompagnino nel futuro. Per poter arrivare ad osservare, come in questo caso, l’inosservabile.

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